Il 18 luglio scorso il Teatro alla Scala ha ospitato l’Assemblea annuale di Federcasse (l’Associazione Nazionale delle Banche di Credito Cooperativo, Casse Rurali e Casse Raiffeisen), che rappresenta 218 istituti con i loro 4.095 sportelli, 1.484.770 soci, 29.417 dipendenti.
Le BCC sono l’unica presenza bancaria in 781 Comuni. Venti anni fa uno sportello su dieci apparteneva a una BCC, oggi uno sportello su cinque.
La raccolta supera i 200 miliardi, gli impieghi lordi hanno raggiunto i 141 miliardi, con una quota di mercato dell’8,2%. Una percentuale che sale al 23,3% per le imprese artigiane e al 24,2% per l’agricoltura. Con un patrimonio complessivo di 26,1 miliardi, le BCC presentano un CET1 Ratio (a dicembre 2024) del 26,7%, superiore di 9 punti percentuali a quello medio dell’industria bancaria (la nostra BCC, ricordiamo, a fine 2024 aveva un CET1 superiore al 31%).
Mi scuso per i tanti numeri, ma credo che, qualche volta, sia utile raccontare che cosa rappresenta la cooperazione di credito per l’Italia.
Oltre ai numeri, l’Assemblea di Federcasse ha proposto riflessioni sul tema “Intelligenze plurali per il bene comune”. Per chi volesse approfondire gli argomenti trattati, i documenti sono disponibili all’indirizzo https://www.creditocooperativo.it/page/assembleafedercasse-2025.
Qui riprendo solo alcuni passaggi iniziali della relazione del presidente Augusto dell’Erba.
“Viviamo tempi di forte polarizzazione, nei quali i contrasti esplodono sempre più frequentemente in conflitti e nei quali i tentativi di composizione arrancano.
Nei rapporti tra persone, ascolto e rispetto sembrano cedere il passo all’antagonismo. Anche nelle relazioni internazionali, la tendenza è tutt’altro che incoraggiante: flessione del diritto, uso della forza oltre ogni misura per dirimere contrasti o affermare interessi, dichiarazioni irresponsabili, politiche commerciali ondivaghe e potenzialmente dirompenti. In questo contesto il cooperare diventa non solo un metodo, ma un esercizio utile alla composizione pacifica dei contrasti e dei conflitti.
Il ben-vivere è il bene comune da costruire. E il bene comune si nutre di cooperazione. Per questo, non può che essere plurale. Plurale nella sua costruzione, frutto del concorso di molti e diversi attori, di diversi sguardi – generi e generazioni – e di diverse intelligenze e tipologia di intelligenze. E plurale nel suo orizzonte, che non può che essere massimamente inclusivo.
La bussola dell’art. 2 dello Statuto evidenzia come il trasformare il risparmio raccolto in credito e il creare valore sociale contribuendo alla coesione comunitaria non vadano osservati come due aspetti separati.
Sono componenti di un modello integrato. Non esiste un prima bancario e un dopo sociale. Le BCC sono le banche del mentre: mentre fanno banca, nella quotidianità, la fanno con un obiettivo di evoluzione sociale, non solo di finanziamento economicamente sostenibile.
È questo il modo concreto con il quale le banche di comunità contribuiscono a cambiare i tempi. Mettendo in campo tutta la propria intelligenza cooperativa e relazionale”.
Nelle pagine che seguono (e in particolare a pag. 58) diamo conto, ancora una volta, del nostro essere concreti.
Post scriptum: il 15agosto, all’alba della festività di Maria Assunta in Cielo, Mons. Lino Cerutti, per tutti più semplicemente don Lino, ha lasciato questa terra. A don Lino la città di Cantù deve molto. Anche noi vogliamo ricordarlo per le tante iniziative nelle quali ci ha coinvolti, dai restauri degli edifici sacri agli eventi culturali da lui proposti. In particolare, vogliamo ringraziarlo per l’energia, la sapienza e l’amore con cui ha valorizzato il Millenario di Galliano nel 2007 (anno nel quale ricorreva anche il centenario della nostra Banca), con la certezza che dall’alto continuerà a vegliare sulla “sua” Cantù e sui suoi abitanti.