È ormai noto come le BCC vengano considerate “banche differenti”.
Il principale elemento distintivo, che conferma in maniera inconfutabile tale affermazione, lo troviamo nei dettami della carta costituzionale e più precisamente nell’articolo 45 che riporta testualmente: “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata...”
Si può osservare come le BCC – e quindi anche Bcc Cantù - non abbiano per loro natura finalità di lucro, ma l’obiettivo virtuoso di sostegno mutualistico alle comunità con particolare attenzione ai temi sociali.
Nell’azione di BCC Cantù trova infatti collocazione prioritaria l’iniziativa volta a contribuire allo sviluppo culturale ed economico del territorio e al sostegno delle associazioni che si impegnano in attività di interesse collettivo, a tutela dei soggetti più deboli, per il cosiddetto “bene comune”.
Possiamo quindi affermare che BCC Cantù è guidata da una formula imprenditoriale specifica che contempla la cooperazione, la mutualità e il localismo.
Si tratta quindi di una doppia anima che associa la funzione di intermediario finanziario a quella di impresa a responsabilità sociale.
Credo siano sufficienti questi elementi per comprendere il valore di una progettualità bancaria che rappresenta un elemento fondamentale di sostegno localistico, con attenzione anche a quel sottofondo di piccole e micro aziende artigiane che compongono l’ossatura del nostro sistema produttivo, ma che non sono comprese appieno nelle logiche operative e di servizio delle grandi istituzioni finanziarie.
Le BCC, tuttavia, per il fatto di essere parte di un Gruppo Bancario - per quanto ci riguarda: il Gruppo Iccrea - sono a tutti gli effetti sottoposte ad una normativa più stringente, analoga a quella dei grandi gruppi bancari che hanno complessità e strutture operative dimensionalmente assai più rilevanti.
Il maggior peso normativo, comprenderete, ha dei costi in termini meramente economici e soprattutto presenta impatti notevoli sull’attività amministrativa.
Si tratta di uno squilibrio normativo eccessivo che penalizza le banche di comunità che, come ormai assodato, facilitano l’accesso al credito nei loro territori contribuendo a diminuire di fatto le disuguaglianze di reddito.
Associazioni di categoria, esponenti politici di livello regionale e nazionale, economisti e personaggi di primo piano del mondo accademico, nei contatti con l’Unione Europea hanno sostenuto a più riprese e sostengono tuttora la necessità di salvaguardare la cosiddetta bio-diversità bancaria.
In parole più semplici, di garantire la coesistenza di tipologie di banche sane, con diverse vocazioni e strutture, reclamando l’applicazione di un opportuno principio di proporzionalità nelle regole di vigilanza.
Nonostante gli sforzi profusi dagli addetti ai lavori e l’appoggio assicurato da molte autorità, la speranza di un minor carico amministrativo e burocratico, che permetta alle banche di credito cooperativo di amplificare la loro azione virtuosa, resta comunque soltanto una chimera.
La necessità di un cambio di rotta sulla materia regolamentare è evidente, così come forte è il richiamo ad una impostazione operativa che tenga conto della tipologia, delle dimensioni e del peso specifico dei soggetti bancari in campo.
L’appello è stato lanciato con voce ferma e decisa, ma……………. “ma il cielo è sempre più blu!”
Approssimandosi la fine dell’anno, anche a nome di tutti i colleghi, ho il piacere di inviare i migliori auguri per le prossime festività rinnovando nel contempo l’impegno quotidiano e solidale per il sostegno e lo sviluppo della nostra comunità.