Negli ultimi anni abbiamo assistito alla proliferazione delle cosiddette criptovalute, che sono nate e si sono largamente diffuse a seguito della crescente digitalizzazione dei mercati finanziari. Tutti abbiamo sentito parlare ad esempio dei Bitcoin, o di strumenti analoghi, e delle associate potenziali possibilità di guadagno, ovvero, in qualche caso, di perdita dell’intero investimento.
Approfondendo l’argomento possiamo tuttavia meglio individuare gli aspetti che, secondo l’opinione delle autorità che regolano i mercati, rappresentano i principali punti di debolezza di questo nuovo universo di strumenti monetari. Innanzitutto, pur non escludendo che qualcuno abbia potuto beneficiare del loro utilizzo, siamo in presenza di mezzi di pagamento non del tutto affidabili perché non hanno il cosiddetto corso legale e la loro accettazione si perfeziona solo su base volontaria. Inoltre, non è previsto un terzo ente fiduciario che assicuri il loro valore; e ancora, il continuo, e a volte repentino, cambio delle quotazioni non permette di considerarli quali unità di conto: il prezzo dei Bitcoin e delle altre criptovalute si determina solamente attraverso lo scambio di valore tra domanda e offerta, peraltro non gestito da istituzioni centrali, a conferma dell’elevata volatilità di questi strumenti.
Nello scenario attuale, in cui i consumatori evidenziano una sempre più marcata preferenza per l’utilizzo di strumenti elettronici, le autorità europee hanno avvertito l’esigenza, anche per stare al passo con i tempi, di creare l’euro digitale che vedrà la sua diffusione (forse) già dalla fine del prossimo anno.
L’euro digitale è stato pensato anche per pagamenti peer-to-peer tra persone, e quindi diretti, senza passaggio da un intermediario finanziario, per i pagamenti da e verso la pubblica amministrazione, per i pagamenti verso i commercianti e l’e-commerce. La Banca Centrale Europea sta studiando il funzionamento di questo nuovo strumento finanziario che offrirà un’alternativa più facile e meno costosa nel panorama dei pagamenti in area euro.
Consapevoli che siamo nel campo delle ipotesi, possiamo dire che, in prima battuta, si prevede di consentire agli utenti di disporre solo di una quantità limitata di euro digitali, e ciò per evidenti motivi prudenziali. Dal punto di vista meramente tecnico, si tratterebbe di un deposito collegato al conto ordinario dell’utente da cui trasferire la quantità di moneta che verrà stabilita. Particolare importanza sarà riservata alla privacy poiché i pagamenti per mezzo dell’euro digitale, sia on-line che off-line, non comporteranno la condivisione dei dati personali.
Ma quale sarebbe la differenza più rilevante tra l’euro digitale e le altre criptovalute?
Il fattore distintivo fondamentale sta nel fatto che l’euro digitale sarà moneta garantita dalla Banca Centrale Europea, istituzione che, come noto, governa la politica economica e monetaria e, in definitiva, la stabilità finanziaria dell’area euro.
La capacità di mantenere il valore della moneta nel tempo è determinata dal soggetto che la emette. Nel caso di specie, come abbiamo visto, si tratta della principale autorità in materia. Per quanto riguarda le altre criptovalute, al contrario, non è previsto un soggetto su cui far ricadere la responsabilità e, al caso, eventuali possibili rivendicazioni.
La strada da percorrere è ancora molto lunga. Il successo dell’euro digitale, e quindi di una forma di pagamento autenticamente europea, potrebbe però consentire all’Unione Europea di rafforzare non solo la propria identità economica, ma auspicabilmente anche l’ancora debole sovranità, così necessaria in questi tempi di imprevedibili e ricorrenti incertezze.
In attesa dell’euro digitale, le nostre filiali e le persone che vi lavorano restano un sicuro punto di riferimento per soci e clienti.