Le prime considerazioni pioneristiche sull’intelligenza artificiale risalgono alla metà del secolo scorso. La domanda che si ponevano gli esperti dell’epoca consisteva nel capire se una macchina fosse in grado di sostenere una conversazione scritta con una controparte umana sugli argomenti più vari. La risposta è arrivata di recente, nel novembre scorso, con il successo planetario di Chat GPT che ha candidato l’AI (intelligenza artificiale) ad essere, con tutta probabilità, la più importante rivoluzione tecnologica che la storia conosca. Si tratta, come ormai abbiamo cominciato a capire, dell’elaborazione di un linguaggio naturale attraverso l’utilizzo di algoritmi avanzati di apprendimento automatico per generare risposte simili a quelle umane. La capacità quindi di una macchina di svolgere compiti che normalmente richiederebbero un’intelligenza comparabile a quella umana.
Il cambiamento tuttavia non è proiettato nel futuro, ma è già inserito nel presente. Numerose sono, ad esempio, le applicazioni che troviamo nella vita di tutti i giorni. Pensate ai software di traduzione automatica basati su testi audio o scritti, ai termostati intelligenti che seguono i nostri comportamenti per ottimizzare l’energia, alle auto a guida autonoma o ai sensori che individuano possibili situazioni pericolose. Oppure alle applicazioni in medicina per riconoscere lo stato di salute degli organi interni mediante diagnostica per immagini o per analizzare grandi quantità di dati medici per migliorare la prevenzione. Pensate anche alle applicazioni dell’AI che interessa il mondo della finanza e delle banche – e quindi anche la nostra - in termini della cosiddetta “data analysis” che consiste nell’approfondimento e nella valutazione dei comportamenti e delle scelte di categorie di clienti al fine di rendere l’interazione più incisiva e fidelizzante. E ancora la sperimentazione con modelli algoritmici basata su serie storiche per il trading e l’analisi di mercato. Tutto questo comporta una maggior precisione nelle previsioni economiche, una gestione del rischio più efficace e, in definitiva, un miglioramento dell’efficienza operativa.
Questa nuova frontiera tecnologica e dinamica, i cui sviluppi non sono al momento immaginabili, ha destato grande interesse riproponendo analogie con gli effetti rilevanti della precedente ampia diffusione dei motori di ricerca su internet, della posta elettronica e dei social network, per fare degli esempi. Tuttavia, come intuibile, ha nello stesso tempo suscitato anche alcune preoccupazioni evidenziando limiti e sfide aperte.
Se volgiamo ora lo sguardo al tessuto produttivo del nostro territorio, composto in prevalenza da piccole e medie imprese e da quelle artigiane, dobbiamo comunque considerare l’AI come un alleato e non come qualcosa che riguarda unicamente la sfera di interesse delle grandi organizzazioni. La tecnologia, mi spiego meglio, libera infatti dai compiti di routine per lasciare spazio alle intuizioni e alla creatività e cioè a quelle caratteristiche peculiari che hanno rappresentato nel tempo gli elementi qualificanti e i punti di forza delle nostre aziende e delle loro maestranze.
Non dobbiamo peraltro sottacere il fatto che l’innovazione e l’utilizzo delle sempre più avanzate tecnologie dovranno comunque essere accompagnate dalla responsabilità e dall’etica delle persone che ne guideranno la potenzialità. Come qualcuno ha ben sottolineato:
“Non abbiamo bisogno di intelligenze artificiali che scelgano per noi cosa è giusto o cosa è sbagliato, ma di strumenti che ci aiutino a capirlo. L’intelligenza artificiale dovrà anche essere inclusiva e trasparente; solo così potrà porsi in modo autentico al servizio della realizzazione di ogni uomo e ogni donna”.